Il 12 dicembre 1969 si consumò a Milano una delle più infami stragi di mano fascista compiute dal secondo dopoguerra, in cui 17 persone morirono e ne rimasero ferite 88, a causa di una bomba messa nella banca dell’agricoltura in Piazza Fontana. In un paese che non ha mai davvero fatto i conti con il fascismo i “militi” infestavano ancora (e tutt’oggi) le istituzioni. Le colpe, senza alcuna prova, ricaddero sulla sinistra anarchica con l’incarcerazione – al posto dei neonazisti di Ordine Nuovo – di Pietro Valpreda, poi assolto.

Sequestrarono ed interrogarono Giuseppe “Pino” Pinelli. Dopo averlo tenuto in custodia per più di quanto consentito dalla legge, il 16 dicembre egli precipitò dal quarto piano della questura a causa di quello che chiamarono un “malore attivo”. Le istituzioni mantennero una posizione ambigua sull’accaduto, insabbiando quello che fu un vero proprio omicidio di Stato.

Oggi la cultura oppressoria è ancora presente nella nostra società e ricordare il 12 dicembre permette a tutti e tutte di non dimenticare il passato e di prendere una posizione politica ferma contro ogni forma di fascismo. E’ importante riconoscere la vera natura di quella strage e la complicità dello Stato nell’insabbiamento della morte di Pinelli, all’interno di un periodo storico nel quale le istituzioni hanno avuto una grave responsabilità nella gestione delle tensioni politiche e sociali che esistevano.

Contro l’autoritarismo, contro i neofascismi. Resistere oggi significa immaginarsi un mondo diverso a partire dai luoghi della formazione. Significa riportare al centro la Storia e la memoria per contrastare i fascismi di oggi. Oggi, a Milano, siamo in manifestazione per Piazza Fontana!